Le concept d'histoire XII


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Posted by Omar Wisyam on December 23, 2000 at 02:43:38 AM EST:

Delle tesi ("Uber den Begriff der Geschichte") di W. Benjamin, come sicuramente sapete, esiste una versione in francese. La stavo rileggendo e ho voluto riportare, per gusto del superfluo, la dodicesima tesi.
Questa:

"Il nous fait l'histoire; mais il nous la faut autrement qu'à celui qui, désouvré, flane dans le jardins de l'érudition".
Nietzsche, Du profit à tirer de l'étude de l'histoire et des dangers qu'lle comporte.

L'artisan de la connaissance historique est, à l'exclusion de toute autre, la classe opprimée qui lutte. Chez Marx elle figure comme la dernière des opprimées, comme la classe vengeresse qui, au nom de combien de générations vaincues, mènera à bien la grande oeuvre de libération. Cette conception qui, pour un moment, devra revivre dans les révoltes du Spartacus, n'avait jamais été vue d'un bon oeil par le parti socialiste. Il réussit en quelques dizaines d'années à étouffer le nom d'un Blanqui dont le soin d'airain avait, telle une cloche, ébranlé le dixneuvième siècle. Il plut au parti socialiste de décerner au prolétariat le role d'un libérateur des générations futures. Il devait ainsi priver cette classe de son ressort le plus précieux. C'est par lui que dans cette classe se sonr émoussées, irrémédiablement bien qu'avec lenteur, tant sa force d'hair que sa promptitude au sacrifice. Car ce qui nourrira cette force, ce qui entretiendra cette promptitude, est l'image des ancetres enchainés, non d'une postérité affranchie. Notre génération à nous est payée pour le savoir, puisque la seul image qu'elle va laisser est celle d'une génération vaincue. Ce sera là son legs à ceux qui viennent.


Mi pare che W. Benjamin scriva che la memoria, sul filo sottile della coerenza, sia il bene più prezioso da custodire, sebbene sia una responsabilità ardua (dovrei riportare qualche altra tesi), dato che, spesso, per la maggioranza delle persone, i prestiti garantiti dal futuro appaiono più vantaggiosi o più facili all'incasso. Ogni responsabilità collettiva potrebbe apparire, prima di tutto, un affare individuale, per cui credo che Benjamin abbia voluto rivendicare l'onere dell'incarico di risalire la storia per risalire nella sconfitta.
Le righe che ho riportato potrebbero essere considerate alcune delle ultime in quella sparsa autobiografia che Benjamin ha tracciato in tanti e vari scritti. La sensazione che provo, naturalmente, è che le parole di Benjamin si inscrivano in un periodo storico definitivamente concluso.
Mi pare anche che la preoccupazione di Debord a proposito del tempo spettacolare e della falsa coscienza del tempo si situi, cronologicamente, esattamente a metà strada tra le tesi di Benjamin e la nostra posizione attuale.
La storia non ha cessato di sparire, la traduzione del passato non sembra più una metafora viva.


Nel testo tedesco della dodicesima tesi di W. Benjamin ci sono delle aggiunte che riporto in italiano.
Nella prima è scritto:
"La rivoluzione russa questo lo sapeva. Il motto nessuna gloria ai vincitori, nessuna pietà ai vinti, coglie l'essenziale, dato che porta alla solidarietà con tutti i fratelli morti più che a una solidarietà con gli eredi."
Nella seconda:
"Se una generazione lo deve sapere questa è la nostra, la cosa che possiamo aspettarci dai posteri non è che ci ringrazino per le nostre grandi azioni, ma che saremo ricordati, noi che siamo stati battuti."

Queste righe potrebbero far riflettere, ripensando a quello che ha scritto H. Arendt su Benjamin, che per quest'ultimo la sconfitta storica e umana siano alla fine l'onore che rimane.




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