Il buongoverno della cattività (8)


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Posted by Omar Wisyam on December 08, 2000 at 01:21:38 PM EST:

(...)
46.
Quando si dice che non si può abolire lo stato delle cose - il cui essere non è certo lo stato - presente, c'è chi trova che si parli di quella disposizione per cui tutto finisce per rientrare là da dove era uscito; così la "socialità" della vita corrente non permette che la stessa cerimonia in cui si ripete l'evento che non si era ancora presentato, giacché si tratta, ancora e sempre, della solita nevrosi (lo spettacolo vittorioso).

47.
Ogni doppio movimento che non si nega è uno stallo, dove la malinconia non falla (non c'è falla in ciò che è indotto), dove si attacca la trama della vita quotidiana.

48.
I misantropi - e i misogini - se non possiedono la verità, e nessuno la possiede, però è probabile che si scontrino con essa, e ne siano offesi loro malgrado.

49.
Il godimento non ode, e se non fosse sordo non godrebbe mai; questa non è che la tecnica del desiderio di massa. Ciò che è in corso non può che essere compiuto sino in fondo, perché si dilatino le sue cedevolezze, perché infine ceda a sé stesso.

50.
Ciò che è passato quasi mai ritorna, e contro questa eventualità si è detto spesso che i nostri progenitori si siano premuniti. Ma le nevrosi restano. Se i nostalgici soffrono per i mancati ritorni, gli apparati di intrattenimento universali nascondono la furia del cambiamento nella intatta (intangibile) gioia del sempre-uguale.
La demoscopia ne è un sintomo.

51.
"Il primo merito di una teoria critica esatta è di fare istantaneamente apparire false tutte le altre".
Guy Debord - Prefazione alla Quarta edizione italiana della Società dello spettacolo.

52.
Si deve ricordare che la fedeltà a sé stessi non attesta che l'inganno perpetrato a sé stessi e non riuscito.
Ciò che manca è ciò che riesce.

53.
L'affinità, piuttosto spesso, è l'inferiorità, secondo la legge del conformismo.

54.
Impronunciabile e irriconoscibile è la pietà; ciò che viene mal detto, sarà comunque visto peggio e mai udito, e se riproverà la sorte avrà lo stesso destino con un nome nuovo.

55.
Una teoria che si fondi sullo stupore alla fine sarà semplicemente insolente.

56.
Nella presunzione di coloro che credono di "poter capire qualcosa non servendosi di ciò che è loro nascosto, ma credendo a ciò che è loro rivelato" (Guy Debord) si manifestano in modo minaccioso l'amore per la servitù volontaria e la certezza di un'inferiorità provata a sé stessi quanto socialmente approvata. Ma da quando la velocità della presunzione ha doppiato l'intero campo sociale, e l'aggressività satura tutti i livelli dell'esistenza quotidiana, è solo la menzogna che brilla nei picchi della furia.
Non è la verità, il nome della morte dell'intenzione, perché l'intenzione ha prima ucciso qualunque idea che esista una verità qualunque.

57.
Contro l'utopia statistica: il più solido effetto della globalizzazione della felicità è la solitudine di ciascuno. Sulla socialità da ottenere in vitro lavorano parecchie persone (si tratta del maggiore servizio) per guidare le incertezze e i leggeri malesseri che ne derivano, ma la capacità di interpretare i dati non è ancora così solida come esse volevano dare a intendere quando erano giovani e ottimisti.
Ora vorrebbero giocare d'anticipo e padroneggiare sempre le derive dell'insoddisfazione.
Le banalità qui esposte saranno le prime ad essere offuscate.

58.
I costi sociali delle masse devono essere marginalizzati dagli incentivi alle caste dell'intrattenimento popolare e della protezione e offesa. Il fatto che ogni soluzione escogitata raddoppi gli orrori dei problemi che rimedieranno è dato da pensare ad ognuno, perché volti la testa, ma ciò il cui pensiero è insostenibile ci sarà ancora, disancorando qualsiasi congettura messa in pratica, e liberandola verso verso tutte le false prospettive di fuga che gi strateghi sapranno pensare come ultima arma.

59.
In ogni accelerazione del tempo si cerca il suo consumo (che immaginiamo erroneamente come un dispendio, una dépense), dato che è l'ultimo rito, il più attuale, al quale siamo soggetti.
(...)




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