Il buongoverno della cattività (7)


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Posted by Omar Wisyam on December 08, 2000 at 08:18:50 AM EST:

(...)
37.
Se non si è incapaci, l'errare riempie di nausea (il doppio - il maligno - del sentimento), da ciò si capisce che ciò che (si) fila nella vita quotidiana non è che risentimento.

38.
In un luogo, forse solo immaginario, un'assenza, si disegna un bisogno che la sottigliezza rivela attraverso un'astuzia (un nodo) dolorosa e insopportabile, ma non c'è taglio dove c'è cappio?

39.
L'ostinazione - la figura dell'acefalo - si può dire che sia nel gran cerchio d'ombra del quale, impropriamente, qualcosa in queste righe si è detto; e se arreca più danni di qualunque altra insensatezza, nessuna lo è meno. Questo volontariato dell'idiozia è da tenere sotto controllo, poiché ad agirne i dispositivi si trova la solita pigrizia. Tuttavia la resa all'ostinazione significa consentire alla vanità presuntuosa della dialettica di ritirare le sue carte dal mazzo: un inganno si cela di fronte a un altro.

41.
Tutto quello che è strano, via. Anzi: al via. Il che è come dire che l'eterogenesi dei fini non crea disordini ma storditi, e come sempre si pesano le quantità nella competizione globale dei fantasmi dotati di valore.

42.
L'apparente gratuità della facilità è ingannevole, e l'inganno non è certo occulto, per cui l'adesione ad esso è assai più ideologica di quanto alcuni vorrebbero ammettere.

43.
Se ciò che è facile si presenta come un furto, e lo si capisce, si può comprendere (con maggiore difficoltà) anche la logica che lo sostiene.

44.
Il terzo: l'esclusione fonda l'amicizia. Il nome segreto della speranza evoca ciò che non si possiede, né più né ancora. Evoca non ciò di cui si è persa la memoria, che sarebbe luttuoso, ma di cui si è inventata (cioè effettivamente persa) la scomparsa. Dunque alimenta il panico per ciòchenon c'è,né ci sarà, ed è infine credibile che con questo termini la faccenda, cioè si decida (deceda).

45.
Né manuali né trattati del saper vivere, né arti né tecniche; se non il travaglio della pazienza, e del riconoscere che non è per amore che non si è perduta un'attitudine: il dolore della servitù.
(...)



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